Par.1 In cui imparo qualcosa in più sul cibo e che esistono anche auto che hanno due sole ruote, con e senza motore.
Da tutte le vicende e le discussioni di questa giornata sto imparando che se il cibo è indispensabile per loro bipedi come per me, per muoverci, loro sui piedi io sulle ruote, i cibi di cui si nutrono sono diversi dal mio, non solo, ma non potrei mai trarre energia da quello che si ingoiano loro, e viceversa.
Lì al Cantuccio mi rendo conto per la prima volta di QUANTO siamo diversi.
A ripensarci ora mi fa una grande tenerezza rivedere nella memoria le loro fragili figurette esili agitarsi qua e là, spostarsi con le gambe a piccoli salti, gesticolare e afferrare con le braccia. I loro organi di movimento, come le mie ruote che però non sono mai state capaci di estendersi per abbracciare ! Anche se qualche volta avrei desiderato tanto di riuscirci a farlo anche io.
Sconcertante scoprire che di tutto quel che ingoiano ne trasformano in energia solo una parte, energia per muoversi, parlare, pensare, un'altra per riaggiustare i loro corpi fragili che si trasformano in continuazione, rigenerando persino alcune parti rotte. E quello che non gli serve più dopo aver fatto tutto questo viene espulso dal loro corpo, scartato sotto forma liquida o solida, come liquidi e solidi sono gli alimenti che si mangiano.
Per una come me, che mangio una cosa sola e non scarto niente, che non riesco a ricostruirmi i pezzi rotti o mancanti da sola, che ho bisogno che un qualche bipede mi riempia il serbatoio di benzina e olio e che non faccio mai né cacca né pipì, come loro chiamano i loro scarti, è davvero scioccante prendere coscienza della nostra diversità.
Il mio giovane cervello è stato molto confuso da tutto questo, e ho dovuto rifletterci molto a lungo per riuscire ad accettarlo. Perché ero spaventata davvero dal fatto di esser così diversa da LORO e da quelli come loro, eppure di essere in grado di provare emozioni e sentimenti molto simili a quelli che loro esprimevano.
Giornata davvero emozionante, scolpita nella mia memoria, anche se di quel che accade poi non saprei dire gran che, sono troppo impegnata a dare un senso alla gran massa di parole e di informazioni che mi piovono addosso, poiché mi sfugge ancora il significato che hanno per LORO e i loro amici, per le loro vite.
Con una tranquilla ronfata a tempo indietro fino in città, li riporto al sicuro dentro di me sull'asfalto delle strade.
La dormita pesante di stanchezza sotto casa, quella vera, di pietre e sassi, coi gatti a dormire felici sul mio tettuccio ormai chiuso, i soliti pettegoli in agguato, assieme a tutte le domande senza risposta e le perplessità affastellate nella mia testa. Troppe e troppo grandi per riuscire a metterle in ordine, troppa inesperienza ancora, per dar loro senso oltre la semplice apparenza.
Però è ancora mia la sensazione bella di quella giornata magica in cui per la prima volta so di aver vissuto accanto a LORO, i miei LUI e LEI così diversi da me, e ai loro amici, vicini quasi come se fossimo parte di un tutto unico, quasi fossimo della stessa specie.
L'affetto, i sentimenti e lo scambio allegro di emozioni e ricordi di cui son stata testimone muta, eppure partecipe.
Specie, forme, capacità differenti e apparentemente aliene hanno tuttavia condiviso con me la loro esistenza, probabilmente senza neanche rendersene conto, ma arricchendo la mia giovane inesperta intelligenza di nuove e insospettabili voglie di sapere, capire.
Conoscere e capire LORO, la loro vita, il loro mondo, in cui inevitabilmente sono coinvolta.
E mentre medito qui sola tra le carcasse delle mie sorelle, in attesa di qualcosa che non so e ho pure un po' paura di sapere, rivedo LEI, che saltella vivace tra l'erba e i fiori sulle sue gambette lunghe ed esili e agita le braccia mostrando il suo regno dell'infanzia, spiegandone i segreti con la sua voce ridente e canterina; vedo LUI che la guarda, la segue, a precede, si illumina e sorride ascoltandola, le prende la mano, la stringe a sé; vedo gli amici, che aggiungono discorsi ed emozioni. E tutti si muovono in quel mondo senza il mio aiuto, si rimpinzano felici di cose che mi ucciderebbero, si amano, si scambiano esperienze e sentimenti con affetto.
Bellissimi, impossibili. Vivi.
All'inizio della mia vita pensavo che ci fossero in giro solo bipedi e quattroruote più o meno come me, automobili o veicoli insomma, ma poi ho scoperto che di veicoli, come anche di bipedi, ne esistono di molti altri generi, misti, per così dire.
Per esempio ci sono quelli giganti che si muovono con più di quattro ruote, anzi più sono grossi e lunghi e più ruote hanno più sono lunghi e grandi; possono averne tantissime e per giunta enormi. Poi ci sono anche quelli che di ruote ne hanno solo due. Se all'inizio credevo che i veicoli differissero solo per le dimensioni e il numero delle ruote, ora so che ce ne sono di tanti tipi diversi, anche se hanno lo stesso numero di ruote, e li chiamano con tanti nomi diversi.
Tra quelli che hanno due ruote per esempio, ce ne sono alcuni tipi che hanno un motore meccanico come me, ma mangiano benzina shakerata con olio, e forse è per questo che fanno un gran baccano a seconda della grandezza e della velocità, ma la maggior parte non è in grado di essere più veloce di me.
Possono portare un solo umano, al massimo due, ma sono enormemente instabili: riescono a rimanere in piedi in equilibrio solo camminando a una certa velocità, perché se rallentano troppo o si fermano vanno lunghi per terra, se i bipedi che sono sopra non poggiano uno dei loro piedi per terra, o anche tutti e due.
Insomma questi cosi che si chiamano motorini o motociclette a seconda della grandezza, sono un po' handicappati, secondo me, anche se molto spesso specie quelli grossi e potenti fanno un gran casino e si danno un sacco di arie con le loro sgassate e i loro sorpassi a pelo di guscio.
I veicoli più piccoli sono le bici che di ruote ne hanno solo due, un po' come le due gambe dei bipedi, sono leggere e fragili, non hanno motore. O meglio, il motore lo fa lo stesso bipede che le guida: infatti camminano solo se i piedi di quello li appollaiato sopra le fanno spostare pedalando, cioè facendo girare le ruote. Sì. Anzi se quello che è sopra smette di far girare le ruote, a meno che non sia in discesa, smette di andare dopo pochissimo e tende a cadere: credo che siano veicoli scomodissimi, faticosi e anche pericolosi, per i bipedi che li usano.
Però le bici ad alcuni di loro piacciono molto, le considerano divertenti e furbe, un modo per velocizzare il loro camminare: si siedono su una specie di trespolo con le due ruote attaccate che girano spinte dai loro stessi piedi su delle levette che trasformano il movimento del loro passo in forza motrice, moltiplicando lo spazio percorso. Insomma così il bipede con un solo passo, trasformandolo in giro di ruote, riesce a fare un percorso maggiore di quello che farebbe poggiandosi semplicemente per terra ! Capito che furbizia?
Sicuramente finché il percorso è in piano o meglio ancora in discesa, è stupendo: si corre e si vola, ma in salita il guidatore, che è anche l'unico passeggero, deve sudare assai e spendere tanta energia che gli converrebbe andare semplicemente sui suoi piedi e in genere è quello che fa.
Certo le bici o biciclette come le chiamano mi sono infinitamente più simpatiche di quei moto e motorini col motore meccanico. Perché non fanno rumore e poi sono molto meno aggressive, e non si rimpinzano di quell'orrenda miscela di benzina e olio, che gli fa fare un gran fracasso e delle puzze orrende !
Non so se queste bici sono in grado di fare anche percorsi lunghi su strada, forse senza tanti altri veicoli in giro; ma ovviamente l'autostrada è vietata per loro, poverette, non possono neanche affacciarcisi a poggiare una ruota, e mi pare saggio con tutti quei bestioni enormi che ci corrono sopra! Penso però che in campagna devono essere molto divertenti per i bipedi e anche utili. E malgrado la loro fragilità e le loro piccole dimensioni sono anche brave a muoversi nel traffico, svicolando qua e là ma per chi sta sopra quel trespolo assurdo in equilibrio non è sicuramente semplice e neanche tanto sicuro, basta il minimo urto per farle cadere assieme al bipede che le fa muovere.
Io non so ancora se sono più brava a muovermi nelle città e in tutti i luoghi dove le costruzioni si affollano intorno alle vie piene zeppe di veicoli e bipedi di tutti i tipi, oppure a percorrere grandi distanze anche in luoghi dove case bipedi e traffico scarseggiano.
Sono piccolina, perciò nel percorrere le vie di città assieme alle mie sorelle e agli altri veicoli riesco a destreggiarmi molto più facilmente dei macchinoni pieni di prosopopea che mi ritrovo spesso ruggire accanto la potenza dei loro cavalli e rispetto ai grossi camion con rimorchio e tir sono sicuramente più veloce, se voglio, anche se so benissimo che se non lo fossi potrebbero far di me una polpetta di rottami. Per mia tranquillità dentro le città di quei mostri non ce ne sono molti che girano, in compenso ci sono i bus, che quasi sempre, forse perché si sentono più grandi e grossi, hanno una spiccata vocazione alla prepotenza. In città poi esistono anche i tram: sono grandi come i bus, ma molto più lunghi e duri, addirittura alcuni possono piegarsi per seguire la strada, ma è più facile evitarli, perché non sono molto veloci e camminano su percorsi di metallo fatti solo per loro, fissi nelle strade, in cui scorrono con le loro piccole ruote di ferro, facendo spesso uno stridio fastidiosissimo; è facile evitarli, basta stare alla larga dalle loro rotaie, e lasciarli passare sempre per primi, altrimenti oltre a stridere cominciano a scampanare pure.
Ma quelli che veramente mi disturbano peggio di ogni altro mezzo di locomozione sono quei cosini a motore, i motorini e le motociclette che camminano su due ruote, con uno o due bipedi sopra e talvolta persino tre. Ce ne sono di diverse grandezze, ma tutti hanno in comune la tendenza a correre veloci più di me seguendo percorsi spesso assolutamente imprevedibili. Sono capaci di sbucare all'improvviso rombando da direzioni assolutamente impossibili da controllare, pronti a fermarmisi davanti di colpo e mettendo seriamente a rischio il mio bel musetto tondo.
I motorini mi fanno lo stesso effetto di quelle mosche fastidiose e aggressive, quelle che ronzano a tormento intorno a mucche e cavalli in campagna, solo che sono molto più grossi e decisamente più pericolosi.
Probabilmente dipende anche dai bipedi che li usano e che li amano e spesso, non so perché tendono a trasformarli in una specie di proiettile impazzito e micidiale. Mi innervosiscono, in genere, anche se tento di ignorarli.
Però ancora sento il batticuore angosciato della prima volta che mi è capitato di averci a che fare, tanto tempo fa. Capita che LUI mi pilota tranquillo per le stradine di una zona della città che si chiama Trastevere – poi ho scoperto che è oltre il gran fiume di Roma e si chiama così per questo – e LEI gli è seduta accanto.
Devo fare molta attenzione: le stradine sono strette, sconnesse e piene di trappole per le mie gomme, per cui procediamo pian pianino, senza fretta.
LORO discutono su dove andare a mangiare una pizza e io non so che cosa sia, ma certamente sarà qualcosa di quelle zozzerie che gli piacciono tanto...
Questi umani non sanno fare altro che mangiare e ancora non riesco a farmene una ragione.
Intanto mi muovo con gli occhi ben aperti e illuminati nel caos di gente che passeggia, si ferma, riparte, si mescola e si rimescola con auto e veicoli di ogni tipo e misura. Sto appena per svoltare ed ecco, sento al mio fianco destro un ronzio tremendo e intravedo un bipede su un coso rosso che mi sfiora quasi il parafango e poi mi schizza davanti al naso fermandosi di botto. Il bipede sopra si gira, piede a terra, e comincia strillare qualcosa a qualcuno che è lì davanti a un negozio. LUI pronto con un colpo di freno che mi fa miagolare, mi blocca sulle quattro ruote e comincia a smadonnare con passione; LEI pure è arrabbiata, ma non strilla, bofonchia qualcosa che non capisco, lo esorta a pazientare.
Stiamo lì bloccati: non c'è spazio sufficiente per passare finché quello non si deciderà a spostarsi e dietro di noi qualcuno comincia dar segni di nervosismo sfogandosi sul claxon. Per fortuna il dialogo di quei due strilloni è breve, pochi urli che non capisco, poi il coso rosso col suo cavaliere riparte a razzo e sparisce tra i vicoli in un attimo. LUI non sembra molto sorpreso della scena, ma io lo sono, invece, e molto. Poi proseguono e finalmente trovano quel che stanno cercando, mi piantano lungo la strada nel casino ad aspettarli e si accomodano in un tavolo tra mille altri – forse esagero – a ingoiarsi questa pizza che cercavano, annaffiandola con un liquido, giallo stavolta, che da lontano somiglia al gasolio, chiacchierando allegramente con altri bipedi che fanno la stessa cosa.
E così scopro che la pizza è una cosa bianca e rossa rotonda e molliccia che tagliano in pezzi e si cacciano in bocca felici. Bah, chissà mai che gusto avrà, se gli piace così tanto per me è sicuramente veleno. Per distrarmi da quella vista ripenso all'accidente di poco prima col coso, pardon motorino, rosso.
Ho già visto un coso simile sotto casa, il Cespuglioso pettegolo ne usa uno e lo lascia sempre lì, ma l'ho sempre visto camminare poco più veloce di un bipede che cammina e anche se pure quello fa un rumore fastidioso come le chiacchiere del suo padrone, non pensavo proprio che ce ne fossero altri più veloci e ancora più rumorosi.
E vero che da allora ne ho incontrati un sacco, ma non li ho mai potuti soffrire, anche se LUI è bravissimo e fin da quella prima volta mi ha dimostrato di saperne evitare le insidie con grande abilità e riflessi più che pronti, salvandomi quasi sempre il guscio. Anche LEI,quando finalmente prese a guidarmi più tardi, era molto abile; comunque ciascuno a modo suo, reagivano comunque alle incursioni insidiose e alla prepotenza di questi mostriciattoli con insofferenza e fastidio, sfogandosi a parole e parolacce.
No, i motorini non li amo e non li ho mai amati, anzi li ho da sempre cordialmente detestati assieme ai loro bipedi che li guidano all'impazzata, prepotenti e maleducati come dovessero passarmi sopra o attraverso.
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