martedì, luglio 18, 2023

FUORI ! intervista Fernanda Pivano (1973)

Ringrazio Mauro Caruso  per aver ripubblicato questa chicca




Gennaio Febbraio 1973, Fernanda Pivano, dopo tre numeri da collaboratrice entusiasta lascia il FUORI! e ne spiega le ragioni in questa intervista ad Alfredo Cohen e Angelo Pezzana, 

da FUORI! gen./feb. 73.

Alfredo  -Nanda è stata la persona che ha scritto sul numero zero di FUORI! e poi sul numero uno. Questo per noi è stato molto importante, per noi ed anche per te, noi pensiamo. Ecco, questo è in linea con tutta quanta la vita di Fernanda Pivano, cioè una vita dedicata interamente ad una impostazione che è andata sempre controcorrente, ma nel termine più esatto di questa parola, cioè controcorrente non soltanto nei confronti di un certo sistema di vita che mortificava le coscienze, controcorrente anche con chi trovava molto facile inserirsi in un sistema di contestazione accettato dallo stesso sistema generale. Noi vorremmo che tu ci dicessi perché l’hai fatto.



Nanda  -proprio per le ragioni che tu hai detto. Non vorrei neanche pronunciare la parola controcorrente, perché “contro“ è già qualcosa che indica uno stato di lotta, quasi fisica, che sicuramente è fuori dalle mie intenzioni. In generale tutte le cose che ho scritto sono state per fare delle proposte che aiutassero a trovare vie e soluzioni tali da sciogliere le repressioni o liberarsi dalle repressioni o trovare il coraggio per reagire alle repressioni; qualsiasi repressione, le repressioni sessuali, le repressioni sociali, le repressioni politiche, di qualsiasi genere. Il mio atteggiamento è sempre stato solamente un atteggiamento libertario o comunque teso verso la libertà o comunque ansioso di libertà, avido di libertà. Nel caso specifico del vostro giornale sono stata molto orgogliosa che mi abbiate chiamato tra voi, anche se dal punto di vista della mia vita pratica partecipo soltanto intellettualmente al vostro problema, come sapete, perché intellettualmente ci partecipo fin in fondo, dato che la situazione sociale quale si è venuta determinando nei paesi di sinistra e nei paesi di destra, nei paesi capitalistici e nei paesi razionali, è una situazione di totale repressione. I paesi capitalistici perché chi non rientra nel canale dell’eterosessualità è represso e umiliato e impedito in tutti modi, e non solamente nei modi sindacalisti, ma proprio nei modi umani, quelli che umiliano la vita privata; per esempio quando nella vita pubblica riducono l’omosessuale a dover avere-si deve dire coraggio, figurarsi,-per poter semplicemente esprimere i suoi sentimenti, le sue esigenze, se si vuole anche soltanto i suoi piaceri, perché no? Invece nei paesi razionali perché semplicemente uno viene espulso, radiato dalla cosiddetta vita pubblica e civile. E questo lo sappiamo benissimo: che ci sono leggi antiomosessuali molto severe nei paesi a civiltà razionale, in Russia, in Cina, a Cuba, queste cose le sappiamo, sono pubblicamente note.

Alfredo  -tu Nanda non ti sei incontrata con un problema omosessuale soltanto con quelli del FUORI! Evidentemente in te già precedentemente a questa tua esperienza di scrittrice all’interno del FUORI! c’era stato un rapporto con gli omosessuali; tu come vedi questo tuo rapporto, tu Nanda Pivano eterosessuale con degli omosessuali. Come erano questi omosessuali?

Nanda  -il mio rapporto è stato molto facile, perché il mio è stato sempre un rapporto con gli omosessuali e non con le omosessuali, per cui il fatto che io fossi o non fossi eterosessuale non importava niente ai miei amici omosessuali. Forse se avessi avuto delle amiche omosessuali sarebbe stato più difficile perché ci sarebbe stato lo scarto tra i miei pensieri di tentativi di liberazione della repressione (della repressione umana, personale sociale, ma non della repressione sindacalista). Invece, per quello che gliene importava ai miei amici omosessuali che io avessi abitudini omosessuali o no…-Non gliene importava proprio niente. A parte poi il fatto che la mia vita privata è stata una vita di repressione per altri versi, perché anche come eterosessuale la società patriarcale/fallocratica/feudale nella quale viviamo mi ha costretto da tutte le parti ad uno stato di totale castrazione, prima con le intimidazioni paterne, poi con le lacrime materne, poi con la gelosia-possesso coniugale. Insomma, questo problema della repressione sessuale l’ho sentito anche io, pur essendo eterosessuale. Sicché non ho avuto nessun tipo di problema con i miei amici omosessuali; e questo problema dell’omosessualità d’altra parte l’ho visto da vicino appunto perché avevo tanti amici omosessuali tra poeti e scrittori, tra gli artisti, soprattutto fuori d’Italia perché sai che il maggior numero di amici io li ho avuti fuori d’Italia, perché per il mestiere che faccio ho avvicinato soprattutto scrittori e artisti americani.

Alfredo -tu hai collaborato inizialmente a scatola chiusa, cioè c’era da parte nostra, del movimento che andava nascendo, l’esigenza di uscire fuori, di uscire fuori in un certo modo. Tu hai subito avvertito l’importanza di questo tipo di esigenza e sei stata subito con noi, come al solito, in un tipo di battaglia che ti vedeva impegnata da un punto di vista della disobbedienza civile…

Nanda  -certo…

Alfredo  -ora vorrei che tu ci parlassi del nostro giornale, una tua impressione, cioè come tu lo vedi, come tu vorresti che fosse, quello che ha, quello che manca.

Nanda -sì, di nuovo mi fai una domanda molto difficile. Sarei molto presuntuosa se potessi risponderti, perché sono sicura che se voi il giornale lo fate così, non potreste farlo in un altro modo, perché voi sapete cosa volete fare. È vero che ho partecipato con voi fin dal principio che sono molto orgogliosa della fiducia che mi avete dimostrato venendo qui in questa casa a Milano a fare la vostra prima seduta. Quando c’è stata quella prima serata qui, si è visto subito che c’erano questi due canali che minacciosamente si profilavano, un canale rivoluzionario nel senso delle esigenze umane e un altro canale nel senso delle esigenze (dico una parola detestabile, ma tutte le etichette, tutte le definizioni sono detestabili) partitiche. Se pronunciate questa parola nell’intervista metteteci anche per piacere questa mia precisazione, che secondo me tutte le definizioni sono imprecise perché sono delle generalizzazioni. Cioè io dico che la parola ”rivoluzionario” o la parola “ribelle“ è una parola che si addice a tutti e due questi gruppi, sia il gruppo che si preoccupa della posizione dell’omosessuale nella società privata sia il gruppo che si preoccupa dell’omosessuale nella società come lotta di classe.  Ora, ti dico sinceramente che la lotta di classe la considero un mezzo, una metodologia antiquata e ormai rozza per condurre un’operazione oggi, cioè ora che la rivoluzione industriale è alle nostre spalle da mezzo secolo, o forse di più, è quasi un secolo, e casomai la società non è più quella industriale e dunque la rivoluzione non è più industriale ma tecnologica. Questo fa una grande differenza, perché non essendoci più da difendere un proletariato come c’era al momento della rivoluzione industriale, anche le esigenze sono cambiate. Un giornale socio-culturale mi pare che dovrebbe soprattutto rivolgersi a quei problemi che nessuno protegge e nessuno affronta perché non “importano “a nessuno; questi problemi non si risolvono con la lotta di classe, ma raggiungendo le consapevolezze. Anche la mia è una proposta antiquata, ma antiquata di vent’anni, mentre l’altra è una proposta antiquata di 100: se il problema è quello di essere antiquati bisogna appena vedere chi è più antiquato dell’altro. E per il resto io considero il gesto singolo di un uomo che per raggiungere le consapevolezze dice: “la mia nudità non è la mia nudità fisica, ma è la mia nudità interiore di fronte alla impossibilità di comunicare con la società“, altrettanto rivoluzionario che una serie di gesti tesi a ottenere che vengono riassunti quelli che vengono licenziati dagli uffici perché sono omosessuali. D’altronde questi problemi sono stati affrontati e risolti al loro tempo, forse risolti no ma affrontati, inseriti in un tipo di battaglia di quei gruppi omosessuali e riformisti che voi conoscete meglio di me, la Mattachine society eccetera.

Alfredo  -puoi dirmi qualcosa di più sul giornale, così come è impostato, come lo vedi tu, come vorresti che fosse…

Nanda  -io “vorrei“ che il giornale si svolgesse dappertutto, ma non soltanto in qualcosa, se no sarebbe di nuovo fare del razzismo, come fare della politica di esclusione. Sicché vorrei che il giornale facesse tutto, ma facesse tutto davvero, cioè per esempio che non succedesse come in questo numero che la parola amore non viene mai pronunciata. Così il giornale non fa tutto: a questo punto è arrivato a fare solo una certa cosa, mentre dapprincipio voleva fare tutto, era di totale apertura; e nel giornale di tutta l’apertura io sto con assoluta chiarezza e senza nessun problema. Ma se il giornale si pone dei limiti a questi limiti non posso non reagire; voglio dire, sia chiaro che quando dico “tutto” intendo “tutto” partendo da una base che è quella marxista, non metto neanche in discussione questo. D’altronde la parola “libertario“ è una parola abbastanza chiara, non si può usare l’espressione “libertario, in un sistema capitalistico o in un sistema fascista, questo è chiaro la parola “libertario”implica un concetto di totale uguaglianza, per esempio anche di tutte le uguaglianze nei riguardi della burocrazia, perché se si fissano dei concetti di burocrazia già l’uguaglianza scompare.

Angelo  -noi abbiamo ricevuto, dopo la pubblicazione sul numero due di FUORI! della poesia di Ginsberg e dopo i tuoi tre articoli moltissime lettere da parte di lettori omosessuali, ma anche eterosessuali, che ci ringraziavano per aver pubblicato sul giornale una poesia di Ginsberg e per aver ospitato una pagina con i tuoi articoli. Ovviamente eterosessuali in misura minore perché i nostri lettori sono chiaramente in maggioranza omosessuali. Però questo è molto indicativo. Ora mi sembra che tutta una critica, diciamo così, ufficiale, non solo italiana ma anche americana o comunque internazionale, non ha mai messo sufficientemente in rilievo tutta la componente umana di Allen in Ginsberg come poeta, come poeta-uomo. Anche in Italia, anche nella presentazione sua al lettore italiano la sua omosessualità è sempre stata forse dal punto di vista culturale messa in secondo piano, forse perché anche lui vive in questo modo, non lo so. Vorrei sapere da te fino a che punto si può parlare di Allen Ginsberg come di un poeta omosessuale, non come eticchetta, ma perché Ginsberg è profondamente omosessuale, in quanto poeta… Vorrei riproporti la domanda in modo più diretto: vorrei sapere come vive Ginsberg in rapporto alla sua posizione letteraria in rapporto al suo modo di vivere, cioè perché si parla di un Nuovo Stile di Vita, e si afferma negli anni ‘70 una omosessualità che negli anni ‘60 non si affermava ancora, ma si viveva in modo ancora oppressivo… Cioè si veniva cacciati da Praga con certe motivazioni…

Nanda  -da Cuba…

Angelo  -da Cuba, con le stesse motivazioni, però nei resoconti che noi leggevamo sui giornali non si diceva che Ginsberg era omosessuale, ma si parlava solo di contrasti di natura politica o di influenze nefaste sulla gioventù. Ora, negli anni ‘70 invece questo tipo di condizionamento che veniva imposto ad un essere umano, in questo caso  Allen Ginsberg , poeta, era proprio repressione anche omosessuale. Tu, per quello che oggi rappresenta Ginsberg, non solo a livello omosessuale, anzi, direi in misura minima, ma a livello di Nuovo Stile di Vita, qual è la misura dell’omosessualità nella sua vita?

Nanda  -credo di aver capito la tua domanda. Forse questa omosessualità è importante proprio per quello che riguarda la sua posizione nell’impostazione di uno stile di vita. Il Nuovo Stile di Vita vuol dire soprattutto sottrarsi a qualsiasi tipo di repressione vuol dire impostare l’esistenza su una base totale di libertarietà questo è un punto di partenza. Ora, ricordiamoci che la prima persona che è salita su un palcoscenico e di fronte a un teatro gremito ha detto: “io sono omosessuale“ è stato Ginsberg nel ‘56, e in pieni anni ‘50 era una dichiarazione molto pesante da fare perché non costumava affatto farla. Sicché se vogliamo dire che lui è stato il precorritore di un tentativo di affermazione del suo diritto umano, privato, all’omosessualità (e anche del suo diritto pubblico all’omosessualità) non c’è dubbio che lo è stato che l’azione è partita da Ginsberg. Dunque non è che il nuovo stile di vita si imposti sulla dichiarazione dell’omosessualità ma, come dicevamo al principio, la possibilità di reagire alla repressione dell’omosessualità è stata uno degli innumerevoli aspetti delle innumerevoli proposte per reagire ad ogni tipo di repressione, tra le quali la repressione all’omosessualità. Poi si capisce queste cose hanno preso forma più avanti, è la stessa storia dei movimenti di liberazione della donna; queste cose sono cominciate sul finire degli anni ‘60, anche se i movimenti di liberazione della donna sono cominciati un po’ prima, ma questi rivoluzionari veri e propri… Il primo gruppo organizzato è stato quello delle NOW della Betty Friedan, che non si basava sicuramente sull’omosessualità, L’accenno all’omosessualità è avvenuto con la famosa rivolta dell’orgasmo clitorideo di Anna Koegt. Adesso rispondo alla tua domanda …

Alfredo  -vorrei aggiungere una cosa: leggendo i giornale underground americani, la free press, ed anche giornali di liberazione omosessuale, il nome di Ginsberg viene citato molto sovente, gli fanno interviste, lui risponde, viene fotografato, pubblicano qualche sua poesia, parlano cioè spessissimo di lui; ora l’America è pieno di poeti omosessuali anche bravi, anche grandi poeti, però nessuno ha mai avuto del credito presso i movimenti di liberazione omosessuale, l’unico è stato Ginsberg . Perché?

Nanda  -ma intanto perché Ginsberg è-io non so se si può dire, lui sicuramente si infurierebbe se me lo sentisse dire-senza dubbio il genio della poesia americana di questo tempo, come a suo tempo era stato Withman , come ci sono queste persone, di queste creature fortunate, ispirate…

Angelo  -e infatti i giornali del Gay  Lib. ripubblicano poesie di Walt Withman…

Nanda  -eccetera…

Angelo  -e pubblicano Allen Ginsberg .

Nanda  - e pubblicano Allen Ginsberg . Cioè: questi sono valori di poeta che vanno aldilà della caratteristica omosessuale. Solo si dà il caso che siano dei poeti omosessuali che questa cosa l’abbiamo dichiarato invece di tenerla nascosta. Ora, le ragioni per cui la dichiarava Withman erano ragioni non diversissime da quelle per le quali la dichiara Ginsberg. Whitman parlava di “adesività“, se ti ricordi; adesività voleva poi dire questo amore per tutti gli esseri umani e questo amore doveva essere così grande da comprendere anche l’omosessualità. Ginsberg parla di una sincerità globale questa sincerità, che poi è la reazione alla repressione, la proposta di liberazione da tutte le repressioni, comprende anche l’omosessualità. La sua idea è che la poesia deve trattare esattamente tutto quello che si pensa, deve essere assolutamente aderente alla vita, alla esistenza. Se in quel momento si pensa alla omosessualità, la poesia che si scrive è una poesia dedicata alla omosessualità. In tutta la WichIta Vortex Sutra di omosessualità si parla proprio poco; perché si parla di tutt’altro problema si parla del problema del linguaggio come manipolazione del pensiero, di una manipolazione del pensiero spinta a un livello tale che può condurre alla guerra: questo, come vedi, con la omosessualità non c’entra, ma c’entra invece con la repressione del linguaggio. Per esempio. Tuttavia, nel corso di questa poesia, che è stata molto più importante di quello che è stato capito, forse perché non tutti hanno capito questo problema della repressione del linguaggio, della manipolazione del linguaggio, in questa poesia tutte le volte che si parla d’amore, si parla di amore nel senso omosessuale. D’altra parte che Ginsberg abbia descritto i suoi amori omosessuali nelle sue poesie, è abbastanza chiaro. Una volta avevamo avuto una discussione io, non ricordo come, gli ho fatto una domanda molto ingenua dicendo: “in questo modo non puoi scrivere una poesia d’amore. A chi lo scrivi tu una poesia d’amore?“. E lui mi ha risposto: “ma come, non c’è poesia in cui io non abbia parlato del mio amore per Peter“.

Angelo  -vorrei che tu mi parlassi adesso del legame di Allen Ginsberg con Peter Orlowsky che forse è poco conosciuto dal lettore italiano, ma chi conosce bene l’opera e la vita di Ginsberg sa che rappresenta qualcosa di molto importante. Vorrei che tu mi parlassi di questo legame che va al di là del legame culturale (per esempio Gertrude Stein e Alice B.Toklas), qualcosa di molto più vitale, molto più viscerale. Per Ginsberg e per Orlowsky questo rapporto ha significato qualcosa di molto grosso, però nessuno lo conosce bene. Puoi raccontare qualcosa in proposito?

Nanda  -sì. E, posso farlo senza paura di tradire nessuna intimità e senza paura di fare indiscrezioni perché mi limito a riferire quello che Allen Ginsberg ha detto in un’intervista che è stata pubblicata sui giornali, sicché basterebbe tradurre questa intervista. Se vuoi te la vado a cercare perché se la vuoi pubblicare sul tuo giornale sono sicura che a Ginsberg non importerebbe affatto. In questa intervista Ginsberg ha parlato di questo suo rapporto, straordinario, con Peter (e non c’è dubbio che questa resterà una delle grandi coppie storiche, uno dei grandi amori storici del mondo letterario di tutti tempi), e ha detto esplicitamente che i suoi rapporti con Peter si erano conclusi, come avviene in tanti rapporti coniugali eterosessuali, anche quando questa fine è davvero imprevedibile; però ha detto che questa conclusione dei suoi rapporti “coniugali “non aveva tolto nulla ai suoi rapporti affettivi con Peter e che Peter continua a essere il compagno più dolce… Le parole esatte che lui ha detto sono “has far has tenderness and understanding Is concerned “. Dunque, per quello che riguarda la tenerezza e la comprensione senza dubbio i suoi rapporti con Peter hanno continuato a essere assolutamente totali, assolutamente perfetti. Effettivamente Peter e Allen sono veramente dei compagni ancora adesso e straordinariamente affettuosi; Peter l’anno scorso, dopo la malattia, ha vissuto con una ragazza che ha avuto cura di lui, molto simpatica, molto carina; e vive con Ginsberg solo che per circostanze professionali non vivono sempre tutti e tre insieme; vivono tutti insieme quando sono nella Farm di Cherry Valley, li è molto grande è una specie di comunità a carattere ecologico aperta a tutti gli antichi amici poeti. E da Peter che si riesce a sapere dov’è Ginsberg quando lo si cerca. Ad esempio, quando sono andata a Denver, è stato Peter a venire all’aeroporto a consegnare il manoscritto che dovevo portare a Ginsberg: il manoscritto di Kerouac che uscirà postumo, il grande capolavoro, che Kerouac ha favoleggiato per tutta la sua povera, troppo breve esistenza, e al quale Ginsberg ha fatto una prefazione; al punto che lui era a Denver per rivedere i luoghi dove Kerouac era stato con Cassidy perché voleva fare un’introduzione il più possibile connessa con la vita di Kerouac con Cassidy. E a Peter mi ero rivolta per sapere dov’era in quel momento  Ginsberg , che poteva essere nel monastero di quel lama tibetano che gli ha insegnato il mantra dello A Ah Sha Sa Ma o in certe università di quella zona, dove faceva dei reading  , e Peter sapeva sempre dove lui era.

Alfredo  -tu hai letto questo manoscritto?

Nanda  -sì, l’ho letto.

Alfredo  -e com’è?

Nanda  -è molto bello, e però il Kerouac della grande maniera, il Kerouac della mano di leone. Sono convinta, ora che la prospettiva storica si è ristabilita che Kerouac verrà fuori come uno dei più grandi scrittori che abbia avuto l’America. Anche se gli ultimi romanzi sono più deboli dei primi, ma questo è avvenuto a molti grandi scrittori americani.

Alfredo  -uscirà in America, questo manoscritto?

Nanda   -sì, mi ha scritto Ginsberg che ha appena finito l’introduzione, sicché tra un paio di mesi uscirà; è un grosso manoscritto. E questo era un libro di cui mi scriveva Kerouac; mi diceva:”non parlare più di me come beat, non voglio più essere uno scrittore beat, io sono lo scrittore di questo libro”. Era già uscito in parte, per le “new direction”, in un’edizione rilegata, “Vision of Cody“, ma in misura molto abbreviata e adesso invece uscirà nella forma completa. E contiene i famosi nastri registrati, le famose conversazioni di Neal Cassidy registrate in nastri

Alfredo  -senti, proprio perché tu sei Fernanda Pivano…

Nanda  -one of Them…

Alfredo  -bisognerebbe dire the one… Quindi proprio per quello che significa il tuo nome in relazione alla cultura americana, e noi proprio per onestà dobbiamo riconoscere che tutti i movimenti di liberazione sessuale sono nati in America e poi sono arrivati in Europa; quindi anche il movimento di liberazione omosessuale è nato in America, prima in forme molto riformiste, di accettazione, e poi, come esplosione di enorme voglia di liberazione, dal ‘69 in avanti, perciò i riferimenti con i movimenti di liberazione americani sono inevitabili e anche giusti e doverosi; e per questa esperienza dunque, che tu hai della cultura americana e quindi anche dei movimenti di liberazione omosessuale, ti chiediamo come vedi tu la situazione italiana in relazione a quella situazione americana.

Nanda  -qui il discorso va al di là dell’omosessualità. Tutto il periodo del fulgore di questa proposta libertaria, che ha cercato di svincolare le consapevolezze, di aprire la comunicazione, di allargare il più possibile il dialogo fra gli uomini, tutta questa fase è stata praticamente ignorata dalla cultura italiana; ignorata nel senso che la cultura italiana l’ha respinta, l’ha rigettata, non ne ha voluto sapere e forse questo si spiega perché in Italia c’erano già dei gruppi di critica che venivano dalla sinistra: l’Italia è un paese dove il 50% dei voti sono per le sinistre; un fenomeno che assolutamente non corrisponde a quello americano e questo fa una colossale differenza, perché quelle proposte libertarie potevano in un modo o nell’altro entrare nel filone di una proposta marxista. Infatti era una proposta marxista anche se aveva questa forma che non era diciamo così di marxismo partitico. Invece qui i problemi hanno cominciato a interessare il nostro pubblico quando hanno assunto un carattere tipicamente partitico: quello che è stato accettato in Italia è stato il cosiddetto “Movimento“, ma non quello nato in America per la liberazione dei negri quando ha mandato i volontari nel sud per ottenere il voto dei negri (perché così è nata l’espressione “movimento“), bensì quello già diventato movimento rivoluzionario a carattere marxista-leninista. È stato a quel punto che il movimento americano ha colpito i gruppi italiani; e li ha colpiti come un movimento già politico nella direzione dell’organizzazione partitica, dell’organizzazione rivoluzionaria POLITICA vera e proprio: non rivoluzionaria di pensiero, rivoluzionaria nel senso della radicalizzazione, per intenderci; per radicalizzazione si intende non tanto la metodologia di una rivoluzione, ma lo scoprire se una rivoluzione è necessaria o no, e dunque lo scoprire che la rivoluzione è necessaria e la rivoluzione non ha da essere necessariamente una rivoluzione che sovrapponga un potere all’altro: può anche essere una rivoluzione che sovrappone uno stato mentale a un altro cioè, l’idea che la rivoluzione può anche raggiungere le consapevolezze dei burocrati nelle società e nei governi razionali, così come si propone sicuramente di raggiungere le consapevolezze dei burocrati negli Stati capitalisti. Ma così come in origine erano stati impostati questi problemi, il problema è quello di raggiungere le consapevolezze. Il movimento ha spostato questa impostazione verso una interpretazione puramente rivoluzionaria, ambientata nella grande azione internazionale in tutto il mondo, per esempio quella che doveva creare un’opinione pubblica per l’ammissione di Mao all’ONU. Tanto è vero che una volta che Mao è stato ammesso all’ONU, che ha cominciato a comprare gli aviogetti in Inghilterra, che ha fatto gli accordi commerciali con il Giappone, che ha fatto-mi pare-gli accordi commerciali anche con l’America, Questo movimento dell’Amerika con il K è praticamente caduto e quei gruppi che si erano costituiti come esponenti di questi passaggi, di questi azioni, si sono messi a fare dell’azione elettorale a Miami; insomma, siamo rientrati nel grande canale della propaganda elettorale, rivoluzionaria finché basta, però sempre “rientrata” nei canali per sostenere un certo candidato e non un altro. Credo.

Angelo -usando una formula da Stop o Grand Hotel vorremmo rivolgerti…



Alfredo  -un’invito…

Angelo  -sì, s e tu dovessi esprimere molto sinteticamente una tua opinione personale sul movimento di liberazione omosessuale in Italia oggi, cosa diresti?

Nanda  -direi che in generale qualsiasi movimento di liberazione ha da essere accolto con le braccia spalancate e bruciando incensi, perché qualsiasi movimento di liberazione evidentemente nasce da un’esigenza di liberazione, e quale che sia la cosa da liberare va liberata se si sente la necessità di liberarla; a condizione che questa liberazione sia una liberazione sul serio. E qui scatta la molla per la quale ho scritto sul vostro numero zero. Ora la mia preoccupazione in questo caso è che quello che è partito come un movimento di liberazione diventi in realtà un metodo di assestamento o un metodo addirittura di fagocitamento in ridurre queste esigenze-che sono delle esigenze drammatiche, tali da porre problematiche molto ansiose, molto reali, molto fisiche, molto carnali… Insomma molto vere-a semplici mezzi, semplici pedine, in certi tipi di conquista dei poteri, certi tipi di esemplificazione di lotta di classe, in modo tale da diventare elementi di odio invece di essere delle proposte di apertura, di apertura globale. Questo mi interessa. Le competizioni non mi interessano, A nessun livello, neanche a livello per esempio di gruppi che devono avere un capo piuttosto che un altro. Fino a quando ci devono essere delle scissioni perché uno deve essere un capo e l’altro no, fino a quando ci devono essere delle scissioni perché se uno fa un giornale gli altri se ne vogliono impadronire, e se ne vogliono impadronire perché… Questo l’ho proprio visto succedere in America con tanti giornali underground. Per esempio quale era stato quel giornale dove questa cosa era avvenuta in un modo così chiaro? Dunque c’era un giornale, mi pare lo “SPECTATOR“, un piccolo giornale, non un grosso giornale underground, c’era questo giornale dove si pubblicavano gli articoli via via che questi articoli venivano presentati, e la regola era che gli articoli venivano pubblicati sia quando avevano un certo valore letterario sia quando non lo avevano. Quando pareva al direttore del giornale che non lo avessero, invece di essere pubblicati come articoli, venivano pubblicati come lettere, però il giornale essendo un giornale underground, era aperto a tutte le collaborazioni. Poi si è cominciato a creare piano piano nella redazione del giornale un certo clima per cui articoli andavano approvati da una certa commissione redazionale, da un certo staff redazionale. E vedi caso, questo staff redazionale preposto alla scelta è diventato sempre più collegato con i gruppi della SDS (Students for a Democratic Society, ndr) che in quel momento erano i gruppi super rivoluzionari, no? Che via via sono diventati sempre più legati ai movimenti marxisti-leninisti. La situazione è diventata così cristallizzata che a un certo punto il direttore ha dato le dimissioni e ha detto: “io mi ritiro perché questo giornale che è cominciato con un giornale di proposte di libertà e di totale apertura adesso si ritrova a non pubblicare più altro che gli articoli in perfetta coerenza con il programma degli SDS“. Per esempio questo è stato un tipico caso di fagocitamento. Bada che io non ho niente contro il programma degli SDS. Se gli SDS avevano questo programma facevano benissimo ad averlo. Ed è, era sicuramente un programma salutare, forse più salutare diciamo, per esempio, del programma di Wallace. Io non lo so, non lo conosco molto bene, ma insomma credo che si possa dire senza odiare nessuno e, senza fare lotte contro nessuno e competizioni contro nessuno, che noi siamo d’accordo casomai con il programma degli SDS, forse perché facciamo molta fatica a capire quali sono le meccaniche del programma di Wallace. Tuttavia non c’è dubbio che in quel momento l’azione degli SDS è stata un’azione che ha contenuto, bloccato e incamerato, fagocitato in qualche modo queste possibilità, questi organi, queste possibilità di espressione per azioni che non erano rigorosamente impegnate in una certa direzione, in un certo canale con quella degli SDS. E che sia andato, poi, questo canale, sempre più restringendosi. Ora, ricordiamoci che il movimento di liberazione femminile rivoluzionario, come rivoluzione è nato proprio dalla frangia femminile degli SDS. Mica per niente. Ora, in Italia ho l’impressione che ci sia lo stesso pericolo. Che sia nato questo FUORI! come una proposta di liberazione della repressione omosessuale e che in qualche maniera altri canali abbiano teso a impadronirsi di questo grosso mezzo di comunicazione inventato da voi per servirsene per le loro esigenze, per le loro sia pur giustificate necessità di espressione, per raggiungere i loro strati di lettori, per divulgare il loro pensiero. Ora, per me va benissimo che si divulghino questi pensieri, perché sono pensieri che vanno divulgati, non c’è dubbio. Tuttavia mi sembravano più incalzanti i pensieri che il giornale divulgava all’inizio, che erano quelli del tentativo di liberazione dalla repressione anche omosessuale. Questa era la posizione che non solo non facevo alcuna fatica ad accettare, ma che mi sentivo di condividere, e per la quale ho collaborato al numero zero. Appena ho visto che nel vostro giornale non si pronuncia più la parola amore, gli ho detto che non mi sento di collaborare con un giornale che mette la censura alla parola amore, perché allora non mi sembra più un giornale che libera dalla repressione. Cioè, nel momento che si stabilisce un certo razzismo, io non ci sto più, il razzismo può essere di tanti tipi. Questo non perché non creda in quel particolare tipo di razzismo, va benissimo. Però mi piacerebbe che la vostra azione venisse condotta in stato di apertura. In stato di reazione alla repressione. Invece viene il pensiero, viene il sospetto, viene alla diffidenza, che possa diventare una repressione essa stessa se si può censurare delle parole. Non so se mi sono spiegata. Ma, badate, io ho fatto del mio meglio, ho fatto delle proposte, però non sono né una persona politica, né un’organizzatrice, né un leader, né niente. Sono solo una che ha fatto delle proposte, che ha sentito queste cose: non le ho neanche inventate, queste cose però le ho capite; le ho capite e ci ho sperato moltissimo.

Intervista con Fernanda Pivano

a cura di:

Alfredo Cohen   e   Angelo Pezzana




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