martedì, ottobre 29, 2019

Mario Mieli 1983 “La liberazione dell'eros per il conseguimento dell’armonia”


da “La liberazione  dell'eros per il conseguimento dell’armonia” conferenza di Mario Mieli con interventi del pubblico all’Oca Calva, Brescia 1983.

"M.M. : Comincerò brevemente dall’appello per la pace che ho preparato insieme a Mario Bosio e Umberto Pasti. L’appello è stato finora sottoscritto da 500 persone. Gian Paolo Silvestri-il quale ha introdotto questo mio intervento-non è al corrente che oltre le personalità del “mondo della cultura“ tra i firmatari vi sono molti operai, casalinghe studenti, anziani ricoverati in casa di riposo. Noi ci auguriamo che questo nostro primo passo-l’appello è stato pubblicato da alcuni tra i maggiori quotidiani italiani-ne seguano altri fortunati, nella migliore delle direzioni.
Parlare di pace e di guerra non esula dall’argomento specifico della serata: la crisi planetaria gravissima può essere superata soltanto se l’umanità decide di non seguire più la strada della distruzione e dell’odio, bensì quella della creazione e dell’amore. (E stasera siamo qui proprio per parlare di Eros).
Giampaolo, prima, intervistandomi alla radio, m’ha chiesto se io credevo davvero che fosse possibile raggiungere l’armonia. Possibile senza dubbio: ho già detto che, riconvertendo l’industria bellica, l’uomo può liberarsi dal bisogno materiale, e dunque siamo giunti al punto in cui la causa più importante di litigio e guerra dalla preistoria a oggi-la divisione del lavoro-può essere eliminata.
Chi poi si è addentrato nei giardini segreti dell’eros e ha scoperto qual inestinguibile fonte di felicità vi sia nelle zone e nelle tendenze erotiche inesplorate, sa che se fossero conosciute da tutti avremmo non solo la possibilità economica ma anche quella amorosa di vivere in armonia.
Le nostre esperienze erotiche più belle sono forse scandalose quanto le bombe nucleari? A me sembra che veramente scandalosi siano la guerra e lo sfruttamento, non certo piaceri dei quali possiamo godere da soli o con altri.
La psicoanalisi ha avuto il merito di dimostrare come la nevrosi umana dipende in  grandissima parte dalla repressione dell’eros. In parole povere: Freud ha scoperto che il motivo principale per cui gli esseri umani stanno male è che non sono sessualmente liberi.
Ai nostri giorni l’amore si fa più liberamente che non ai tempi di Freud, tuttavia siamo ancora molto indietro. Per esempio: se io mi recassi a Speakers’ corner a Londra, luogo in cui chiunque è autorizzato a parlare in pubblico, potrei benissimo fare un intervento a favore degli armamenti nucleari: nessuno mi arresterebbe se sostenessi che è giusto che l’esercito inglese sia dotato di bombe atomiche. Però, se io li mi facessi una sega davanti a tutti, verrei immediatamente arrestato. Se tanto ci dà tanto, mi pare che questa sia prova inequivocabile dell’importanza enorme di ciò che si cela dietro i tabù sessuali.
La nevrosi umana-determinata da questi tabù che, dialetticamente, essa tende a perpetuare-ci ha portati sull’orlo di un immane disastro in paragone al quale le catastrofi provocate in passato dall’uomo sono bazzecole. La liberazione dell’eros, per la quale abbiamo piacevolmente lottato anche in Italia nell’ultimi 10 / 12 anni, si è portata avanti sino in fondo, ci può guarire dalle nevrosi e dunque dal disastro. (Possibile che ci si vergogni di sborrare sempre e ovunque? Non è forse l’orgasmo uno dei più grandi piaceri che conosciamo?).
Perché è così pericoloso per il potere che la gente si faccia seghe dove le pare e piace? Perché in tutti i paesi è proibito camminare nudi quando fa caldo? La risposta è che essere umani che come Adamo ed Eva prima del “peccato originale“ non si vergognassero della propria nudità e dei propri impulsi sessuali, rivendicherebbero l’inalienabile diritto d’ognuno al piacere e dunque, non accetterebbero più la repressione su cui si fonda il potere distruttivo. Esseri umani disinibiti, uniti nella carne e nello spirito, sarebbero infinitamente meno stupidi: il potere, per sussistere, necessita di gente stupida e inibita.
Nel 1932, Einstein scrisse a Freud per chiedergli come secondo lui si sarebbe potuto evitare la guerra. Freud rispose che non si trattava di abolire completamente l’aggressività, bensì di deviarla dalle mete distruttive di modo che non trovasse più espressione nella guerra. “Se la propensione alla guerra è prodotto di pulsione distruttiva”-scrive Freud nella sua risposta ad Einstein-“contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di questa pulsione: l’eros”.
Chi scrive così è il Freud maturo, “pessimista“. Eppure, quanta speranza in questa tesi che del resto aveva già sostenuto chiaramente in “aldilà del principio del piacere”! Sempre nella lettera ad A. Einstein, egli afferma inoltre: “la stragrande maggioranza degli uomini ha bisogno di un’autorità che prenda decisioni per loro, alla quale, perlopiù, si sottomettono incondizionatamente. Richiamandoci a questa realtà si dovrebbero dedicare maggiori cure, più di quanto non si sia fatto finora, all’educazione di una categoria superiore di persone indipendenti di pensiero, inaccessibile alle intimidazioni costrittrici della verità, alle quali spetterebbe la guida delle masse.
La condizione ideale, naturalmente, sarebbe una comunità umana che avesse assoggettato la vita pulsionale alla dittatura della ragione“.
Riferendo il parere di Freud, ho così toccato un argomento di primaria importanza benché tanto impopolare: e d’altronde è comprensibile che l’idea di un governo dei migliori appaia reazionaria a chi, rincretinito dalla propaganda capitalistica, non sia in grado di riconoscere i raggiri del capitale nella pseudo libertà democratica.
Trovo molto interessante che nella sua lettera Freud, oltre a rilevare che “ideale sarebbe una comunità umana che avesse assoggettato la vita pulsionale alla dittatura della ragione“, riconosca nell’eros l’antagonista naturale della pulsione distruttiva. Solo l’amore ci può salvare, e non esiste contraddizione tra libero Eros e ragione: anzi, la ragione è ostacolata dalla repressione sessuale, che le impedisce di spingersi fuori del modesto campo di esperienza i cui confini sono tracciati dal cosiddetto “principio della realtà“. La realtà, in verità, non conosce confini: è infinita come lo sono la natura e l’universo, e solo un uomo libero di amare se stesso e gli altri, in tutti i sensi, può avventurarsi dappertutto con la testa ben salda sulle spalle e i piedi in terra.
Secondo me una delle cause più gravi della bellicosità umana è il tabù dell’omosessualità. Chiaramente, uomini costretti a relegare nell’inconscio il desiderio sessuale che provano gli uni per gli altri-in ossequio alla norma che per lungo tempo ha fatto credere che amarsi tra uomini fosse una cosa brutta-diventano più aggressivi: invece di baciarsi, abbracciarsi e incularsi, si ammazzano. Uccidono coloro che vorrebbero amare ma non possono amare. Eliminandoli, essi “credono “di eliminare l’oggetto del loro sofferto Desiderio latente. 
Nella società greca antica, pederastica , la bellicosità dipendeva probabilmente in larga misura dalla repressione della femminilità nell’uomo. Essenzialmente patriarcale nonché schiavistica, la società greca considerava le donne inferiori agli uomini e disonorevole l’effeminatezza (tant’è vero che Platone, nel simposio, dice che il nome dell’androgino “suona vergogna“): non era dunque una società veramente libera, anche se per tanti versi più grande e nobile della nostra tanto“evoluta“.

Inizia il dibattito
-come mai non hai menzionato la repressione dell’omosessualità femminile tra le cause di bellicosità? Non credi che la guerra sia prodotta anche dall’alienazione delle donne?
M.M.-Le donne che approntano la guerra nucleare sono in netta minoranza rispetto agli uomini (confronta Nigel Calder, le guerre possibili, editori riuniti 1982). La storia ci ha dimostrato che l’aggressività manifesta nelle guerre è soprattutto maschile. Certo, anche le donne sono aggressive, talora violente; ma nella mia vita-ad esempio-non sono mai stato minacciato fisicamente dalle donne, spesso da uomini.
A parere mio, l’omosessualità maschile latente si trasforma in bellicosità più di quella femminile. Ciò non di meno-è la contraddizione è solo apparente-sono convinto che, finché le donne non si ameranno fra loro liberamente, sussisterà una causa recondita di guerra forse in fondo più grave della repressione dell’omoerotismo maschile: infatti proprio il lesbismo represso permette all’uomo patriarcale, ovvero all’omosessuale mancato, di continuare a riprodursi e distruggersi.
Un altro dei firmatari del nostro appello, Franco Fornari, nel saggio psicanalisi della guerra (Feltrinelli) evidenzia che il rapporto causale esistente tra repressione della femminilità nell’uomo è bellicosità. Dopo aver elencato i motivi per cui nella nostra psiche l’arma viene assimilata al fallo, egli scrive: “tutti questi dati relativi all’omologazione del bellicoso virile ed alla omologazione del non bellicoso al maschile castrato, possono far comprendere l’istintiva diffidenza che gli uomini provano per le iniziative pacifiste. Nell’inconscio degli uomini le armi equivalendo al pene, il disarmo alla castrazione, ciò proverebbe l’impopolarità del disarmo in genere“. Può sembrare una battuta di spirito, ma non lo è.
Forse non sono stato sufficientemente chiaro: non vi è alcuna staticità nel mio concetto di armonia il “principio del nirvana“, che può essere considerato l’ideale di armonia “statica“-ne parla Norman O. Brown nel suo libro la vita contro la morte (il saggiatore)-,anima solo in parte l’autentica liberazione dell’eros… Io sono convinto che l’armonia in fieri sia movimento dialettico, e sono altresì convinto che solo se raggiungeremo l’armonia ci sarà ulteriore movimento: infatti la vita oggi, sul nostro pianeta, può vincere la morte (che almeno in apparenza è stasi) esclusivamente se si consegue l’armonia nel rapporto uomo-natura e nei rapporti interumani. Il trionfo dell’amore mobile, nobile, frizzante, effervescente, fluido, si può avere solo se il piacere carnale non viene più giudicato sporco perverso e peccaminoso: altrimenti la diffidenza, la paura, la nevrosi continueranno a inficiare i rapporti umani e la logica autolesiva dell’egoismo alienato ci porterà alla catastrofe irreparabile.
-Qual è secondo te la differenza tra Eros e sessualità?
M.M.-eros e sessualità sono sinonimi, ciò non di meno Eros ha un significato più ampio di sessualità in quanto definisce anche gli aspetti sentimentali, affettivi, dell’amore.
-È possibile immaginare una conciliazione fra principio del piacere e pulsione di morte?
M.M.-nella lettera ad Einstein che ho prima citato Freud definisce l’eros “naturale antagonista“ della pulsione distruttiva (l’eros“ che tutto lega“, come dice in aldilà del principio del piacere). Ma ponendo l’antitesi principio del piacere-principio di morte Freud non dimentica mai la stretta connessione fra le due pulsioni, che specie nel sadomasochismo si esprimono come un “unico“. A parer mio-e su questo punto sono sicuro di non sbagliare-l’antitesi fra pulsione di morte e pulsione di vita sussiste dove c’è la repressione dell’eros, la quale determina una patologica sperequazione fra le pulsioni. Se l’eros fosse libero vi sarebbe equilibrio fra di esse (si osservino gli animali che vivono in libertà).
Io ho idee abbastanza chiare sulle origini della specie, ma di nuovo rimando al mio romanzo chi volesse approfondire. In barba ai creazionisti-i quali com’è noto contestano la teoria evoluzionistica secondo cui l’uomo discende dalla scimmia-ricorderò che la scimmia è aggressiva non solo nei confronti di animali appartenenti ad altre specie, ma anche nei confronti dei propri simili: perciò noi dobbiamo fare i conti con un’aggressività ereditata dalle nostre simpatiche progenitrici. Tuttavia come il gatto, che pure felino, litiga con i suoi simili per amore ma non li uccide, così l’uomo-che dovrebbe essere un tantinello più evoluto-può cessare di uccidere altri uomini: e non ha un vero motivo di litigare per amore come fanno i gatti.
Parlando all’unione culturale di Torino, dove era stato sollevato il problema della conciliabilità tra pulsione vitale e pulsione distruttiva, io avevo detto che chi pensasse che l’utopia erotica si sia fermata alla ”Philosophie dans le boudoir” di Sade s’ingannerebbe. Soprattutto l’appello dal titolo “francesi, ancora uno sforzo se volete essere repubblicani”, inserito nel quinto dialogo di quel libro, e per molti versi illuminato e illuminante ancora oggi, ma non certo per quel che concerne la libertà dell’assassinio. Il succo dell’appello sadiano è il seguente: “veramente libera è una società in cui non esiste più alcun tabù sessuale e si può uccidere a piacimento dove e quando lo si desideri“. Io credo che Sade abbia spinto all’estremo la logica capitalistica dell’Illuminismo, ma sono passati quasi 200 anni dalla rivoluzione francese e oggi si può prefigurare un mondo in cui la libertà sessuale sia assoluta nel rispetto reciproco ed esistano luoghi deputati all’espressione della violenza: ovvero è concepibile, anzi auspicabile che chi desidera farsi ferire o ferire o uccidere o farsi uccidere possa farlo con la benedizione della comunità in luoghi deputati allo scopo, non ovunque.
-Sull’omicidio e sul sadismo rimango molto perplesso. Puoi chiarire ulteriormente?
M.M.-Un conto sono le fantasie dei progetti che uno fa sulla concreta possibilità di cambiare il mondo, un’altro è realizzare effettivamente l’utopia. Tuttavia sono certo che il regno della libertà non sarà conquistato affinché sussisteranno tabù erotici. E comunque prevedibile che-per un certo lasso di tempo-anche nel mondo libero sarà necessario circoscrivere la libertà individuale assegnando solo determinati spazi all’espressione della violenza e del sadismo.
Nello sport e nella lotta contro i mali sanabili l’uomo può sublimare in parte quelle tendenze dell’eros che sono a un tempo espressione della pulsione di morte, ovvero il sadismo e il masochismo; per il resto, se lo vuole-ed io presumo che lo voglia-potrebbe goderne direttamente in luoghi deputati dalla società allo scopo: per garantire la libertà sessuale e la civile convivenza basterebbe creare centri“ di intrattenimento “ sadomasochistico, ove chi desideri godere della violenza-inflitta o  subita-posso farlo senza restrizioni legali. Tali “centri “funzionerebbero da valvola di sicurezza della società veramente civile, e avrebbero ben poco a che vedere con le squallide  boîtes “sadomaso“ che, nei paesi permissivi, vengono aperte ai margini della legalità: infatti l’atmosfera di queste boîtes è determinato dal carattere depressivo, competitivo e distruttivo del sistema che le produce, mentre luoghi deputati alla libera espressione del sadomasochismo nella società armonica, né rifletterebbero la buona (a) moralità e sarebbero pervasi dal benessere esterno. Oltreché luoghi di piacere, sarebbero centri di studio delle “passioni” distruttive, nei quali verrebbe garantita l’assistenza medica e psicologica a chiunque intendesse spingersi fino a esperienze cruente. Ogni violenza vi sarebbe lecita, però entro i limiti della conformità di voleri, o, più esattamente, della complementarietà di voleri: così, ad esempio, in certe alcove avrebbero accesso solo coloro che desiderassero uccidere o farsi uccidere.
Se si tiene presente che attualmente molte forme di violenza dipendono dalla repressione sessuale (e soprattutto dall’omosessualità latente), nonché da ingiustizie sociali, ci si rende conto che la liberazione effettiva e la perequazione economica ne annullerebbero le cause. Pertanto appare tutt’altro che utopistica la prefigurazione di una società armonica in cui, ogni individuo, sessualmente disinibito, viva nel rispetto del prossimo. La realutopie, per essere valida, non deve sottovalutare il sadomasochismo, e coloro che prefigurano l’armonia non devono avere pruderie: altrimenti sarebbero idealisti. Oggi essere idealisti equivale ad essere qualunquisti, poiché in un caso e nell’altro nulla di concreto si fa per impedire l’auto distruzione della specie.
-È il caso di parlare di realutopie quando abbiamo problemi immediati che non ci riesce di risolvere, tipo: trovare casa, lavoro eccetera?
M.M.-Tener presenti solo i problemi personali e sociali immediati senza occuparsi della salvaguardia della specie umana e delle altre specie viventi equivale a costruirsi una fragile casa su un terreno che sta per essere sconvolto da un sisma. Non dobbiamo dimenticare che oggi l’umanità corre rischi più grandi di quanti ne abbia mai corsi: se infatti è vero che sempre gli essere umani sono stati esposti alle insidie della natura è altrettanto vero che oggi-per la prima volta nella storia-la nostra specie può distruggersi da sé (causando la catastrofe termonucleare o ecologica). La lotta per la soluzione dei nostri problemi immediati non va dunque disgiunta da quella per la tutela dell’habitat e per la pace…
-partendo dal tuo libro elementi di critica omosessuale vorrei che approfondissi il rapporto tra repressione sessuale e modello capitalistico.
M.M.-il capitale ha maturato le premesse necessarie all’abolizione del lavoro coatto e dunque alla conquista del regno della libertà. Le macchine, ormai, prodotto dell’intelligenza, possono sostituire quasi completamente il lavoro umano. Abbiamo raggiunto il punto in cui il lavoro necessario a garantire il benessere della specie si ridurrebbe ad un minimo. Volenti o nolenti è nell’evoluzione-o involuzione-del capitalismo l’espulsione dei proletari dalla fabbrica. Si tratta di razionalizzare la produzione ma ciò può essere fatto solo su scala mondiale abolendo ogni competitività che non sia agonistica.
Oggi che il lavoro non è più necessario-ma ciò nonostante viene imposto dal capitale per costringere l’umanità al proprio giogo-indispensabile e improcrastinabile è la liberazione dell’eros per sottrarre al lavoro alienato le energie che in esso sono ancora incanalate. La norma è servita per millenni a circoscrivere l’eros, a reprimerne le componenti definite perverse e che dovevano essere sublimate nel lavoro.
“Da parte della civiltà“, scrive Freud ne “il disagio della civiltà”, “la tendenza a limitare la vita sessuale appare non meno evidente della spinta ad estendere la propria cerchia; la civiltà segue in queste cose la costrizione della necessità economica dato che deve sottrarre alla sessualità un grande ammontare di energia psichica che deve adoperare lei stessa; il timore dell’irruzione di ciò che ha represso spinge a severe misure precauzionali. La nostra civiltà europea occidentale è giunta all’apice di tale sviluppo“.
Giunti a quest’apice, si è pervenuti al bivio fra distruzione e creazione. Soltanto sospendendo l’attuale modo di produzione e passando a una produzione volta non ai fini della concorrenza, ma a soddisfare gli autentici bisogni dell’umanità, si potrà sanare con la specie l’ambiente. Il problema della fame e della miseria verrebbe risolto ovunque: un’effettiva, razionale distribuzione dei beni già esistenti garantirebbe la prosperità d’ogni popolo.
L’uso pacifico dell’elettronica libera effettivamente dal lavoro; il suo uso bellico su larga scala comporterebbe l’annientamento dell’umanità. Il capitale sta studiando la telematica per asservire completamente la specie alienando sempre più il tempo “libero“ che presto verrà a crescere: il tempo della disoccupazione.
Se al bivio scegliamo la strada della vita, allora il tempo libero sarà davvero tale e sarà soprattutto tempo dell’eros e dell’arte. Siccome basta pochissimo per dar da mangiare, da bere, cure mediche e un tetto a tutti gli abitanti del globo, si potrà dedicare gran tempo alla trasformazione del pianeta in opera d’arte (ed alcova…).
Finora si è quasi sempre accettata la repressione dell’eros-così come la sua sublimazione nel lavoro-come se fosse inevitabile: dopo essere stato scacciato dal paradiso originario l’uomo, dice la Bibbia, ha dovuto lavorare. Considerare inevitabile la sublimazione dell’eros nel lavoro significa quindi credere nel peccato originale… Il senso di colpa col quale ancora oggi si vivano desideri e rapporti sessuali cosiddetti perversi è il risultato della repressione millenaria che ha permesso di sublimare nella sfera produttiva quelle energie che altrimenti sarebbero state dedicate al piacere.
Sottrarre oggi libido al lavoro alienato significa scoprire che siamo sia eterosessuali che omosessuali, non solo voyeuristi ma anche esibizionisti, non solo narcisisti ma anche altruisti, non solo amanti degli animali ma anche delle piante e delle cose inanimate (dunque feticisti in senso buono).

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