Fernando Arrabal è autore di un teatro geniale, brutale, sorprendente e gioiosamente provocatorio. Un potlatch drammatico in cui i rottami delle nostre società “avanzate” si carbonizzano nel festoso recinto di una rivoluzione permanente. Eredita la lucidità di un Kafka e l’umore di un Jarry; per la sua violenza viene paragonato a Sade o ad Artaud. Ma probabilmente è l’unico ad aver portato lo scherno così lontano.
Gioiosamente ludica, ribelle e boema, la sua opera è la sindrome del secolo del filo spinato: una forma di rimanere in guardia.
Il Collegio di Patafisica l’ha insignito con il titolo di «Trascendente Satrapa» (equivalente al Nobel per questo Collegio). Onorificenza che, negli ultimi cinquant’anni, hanno ricevuto quaranta personalità come Marcel Duchamp, Ionesco, Man Ray, Boris Vian, Dario Fo, Umberto Eco e Jean Baudrillard.
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