venerdì, gennaio 15, 2010

Un libro per la cura dell’omofobia

Filosofia di genere.

La Carta dei diritti fondamentali, proclamata nella sessione plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo il 12 dicembre 2007, è il primo documento giuridicamente vincolante per gli Stati UE, che raggruppa in un testo unico i diritti politici, civili, economici e sociali dei cittadini europei. La Carta è richiamata dall'articolo 6 del nuovo Trattato Europeo, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007. La Corte di Giustizia europea dovrà garantirne il rispetto, le istituzioni europee e i governi sono chiamati a dare un seguito concreto con atti di leggi, comportamenti e politiche che portino alla piena attuazione dei principi contenuti nella Carta. L'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali sancisce che la dignità umana è inviolabile e deve essere rispettata e tutelata.

L'articolo 21, che si trova nel capitolo delle «Uguaglianze», vieta espressamente qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle, l'origine etnica e sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, le convinzioni personali, le opinioni politiche, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età e, infine, ma non ultime, le tendenze sessuali. Un simile articolo pone, essendone nel contempo il prodotto e per così dire il pungolo etico, l'urgenza di un'azione vasta e pervasiva, affinché i diritti fondamentali siano non solo tutelati da pur sempre necessarie norme giuridiche, ma si radichino saldamente nelle coscienze e divengano il quadro valoriale sul quale impostare azioni educative, di trasmissione dei saperi, di lettura critica di tradizioni, costumi, e del più vasto patrimonio di cultura dell'umanità.

E però, mentre un'azione volta a combattere discriminazioni fra uomini e donne o discriminazioni fondate sulla razza, l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l'età, incontra sempre meno in Europa resistenze sul piano teoretico, pur dovendo superare poi ogni sorta di ostacoli nell'ordinarietà di una società che ancora fatica ad essere pienamente a misura delle differenze, sul piano della tutela di chi vive situazioni di discriminazione dovute alle personali tendenze sessuali permangono posizioni estremamente contrastanti e inconciliabili. Una sorta di guerra di religione impedisce spesso di vedere i termini della questione nella giusta dimensione e con la serenità sufficiente per cogliere la direzione e i limiti di un'azione volta a garantire a chi vive la diversità sessuale dignità, libertà, pari opportunità. In Italia, in particolare, il dibattito sull'omosessualità e sui possibili diritti da riconoscere ai gay e alle lesbiche si svolge su estremismi a stento giustificabili in un paese occidentale e a tradizione democratica. Il mondo delle istituzioni fatica ad adottare misure e azioni volte a garantire la piena integrazione, le pari opportunità, e il pieno rispetto delle cosiddette persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans), che scelgono uno stile di vita conforme al proprio orientamento sessuale. Sporadiche iniziative di Comuni o Regioni non colmano un deficit democratico e civile tutto italiano.

La fine del Novecento ha visto la depenalizzazione in molti Stati occidentali del reato di omosessualità e soprattutto, la cancellazione dell’omosessualità quale malattia dal manuale diagnostico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non più reato, non più malattia l’omosessualità aspetta tuttavia ancora oggi nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo di vedersi riconosciuto uno stato di pari dignità rispetto al modello maggioritario eterosessuale. Un riconoscimento che attraversi il variegato mondo omosessuale, per il quale sarebbe opportuno utilizzare piuttosto la sigla lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans), conferendo alle persone lgbt piena cittadinanza e pieni diritti. Si tratta di una sfida per un mondo che sa guardare al passato e alla tradizione, consapevole comunque che da esso bisogna saper trarre quanto vi è di buono, senza tuttavia cadere nell’errore di chi crede che basti appellarsi a una tradizione per esser sicuri di chissà quali verità. La sfida per il mondo di oggi, come per quello di ieri, è superare le barriere e gli steccati che dividono gli uomini, che creano disuguaglianze e ingiustizia. La discriminazione degli omosessuali è una delle ingiustizie che le democrazie contemporanee non devono più tollerare.

Questo libro rappresenta un tentativo, per molti aspetti pioneristico, di elaborare con chiarezza e in modo esplicito sul piano teoretico e filosofico una riflessione sulla questione gay, che rappresenti anche un valido strumento contro possibili derive omofobe, ancora oggi quanto mai concrete. A tale scopo, in particolare, ho previsto un capitolo, quello finale, su una possibile “pedagogia di genere”, rivolto specialmente agli educatori e agli insegnanti, e con il quale mi sono proposto di offrire uno stimolo e degli spunti per un’azione pedagogica finalizzata alla piena integrazione delle persone gay nel mondo della scuola e, in prospettiva, nella società. I risultati della pedagogia interculturale in questo senso si rivelano quanto mai preziosi. Si tratta, tuttavia, di risultati che possono essere utilizzati, per così dire, per analogia: mancano infatti, specie in Italia, studi seri e approfonditi su una pedagogia di genere, così come mancano studi su una filosofia di genere. Rispetto al termine ‘genere’, con il quale cerco di tracciare una sorta di campo semantico, in cui si muovono la mia riflessione filosofica e pedagogica, sono perfettamente consapevole della sua enorme portata di significato, specie in ambito filosofico, e di come tale termine possa suscitare più di una riserva. In questa sede, tuttavia, evito lo scoglio delle disquisizioni terminologiche tanto care ai filosofi, e accetto quello che è l’uso ormai invalso di tale termine laddove si tratta della questione gay. L’essere gay non sta tanto ad indicare l’appartenenza ad un genere, terzo rispetto a quello maschile e femminile, pur essendo stata questa una teoria di fine ottocento, ma una espressione dell’essere uomo, dell’unico originario genere che è chiamato uomo, una forma d’essere e di amare, che ha la stessa dignità e bellezza di altre forme ‘del genere’. L’androgino del mito platonico, più che indicare un terzo genere, indica la dimensione originaria dell’uomo!

Il libro si rivolge, con un linguaggio accessibile e tenendo conto di un necessario rigore scientifico, a tutti coloro che desiderano approfondire una tematica di estrema attualità con una visione aperta e avendo ben presenti i molteplici “punti di osservazione” dai quali tale questione può venire considerata. Non ho rinunciato a ripercorrere alcuni ‘luoghi’ della storia, e della storia della filosofia, dove ho avuto la chiara impressione che la questione gay sia emersa in tutta evidenza, cercando di fissare i due possibili paradigmi con i quali, a mio avviso, la questione dell’eros gay è stata affrontata lungo la storia del pensiero occidentale: quello esoterico-platonico e quello naturale-aristotelico. A questo breve excursus è seguito un approfondimento sul dibattito attuale riguardante una simile questione.

Il libro, che ha avuto il patrocinio da parte del Comune di Polistena, primo comune in Italia a costituirsi «Comune amico delle persone lgbt» e ad approvare un Regolamento contro le discriminazioni sessuali, fa parte di una collana di studi e testi universitari, intitolata “Universitas” e diretta dal professore Luigi Reina, Preside della Facoltà di Lettere di Salerno.

di Massimo Frana da Notizie Radicali

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