Una mattina di primavera un Cherokee di nome Turbine salutò la moglie e lasciò il villaggio, diretto alle Montagne Fumose per cacciare selvaggina. Nella foresta vide un orso nero e lo ferì con una freccia. L’orso si volse e cominciò a fuggire, ma il cacciatore lo inseguì lanciando una freccia dopo l’altra contro l’animale, senza però riuscire ad abbatterlo. Turbine non sapeva che quest’orso possedeva segreti poteri e sapeva parlare e anche leggere i pensieri delle persone. Alla fine l’orso si fermò, si tolse le frecce dal corpo e le diede a Turbine. «È inutile che me le lanci» disse. «Non puoi uccidermi. Vieni piuttosto con me, e ti farò vedere come vivono gli orsi.» “Quest’orso potrebbe uccidermi” disse Turbine fra sé, ma l’orso gli lesse nel pensiero e disse: «No, non ti farò del male». “Come potrò procurarmi qualcosa da mangiare se vado con quest’orso?” pensò Turbine, e l’orso seppe ciò che pensava il cacciatore e lo rassicurò: «Ho molto cibo».
Turbine decise di seguire l’orso. Camminarono finché giunsero a una caverna nel fianco di una montagna, e l’orso disse: «Io non abito qui, ma qui ci riuniamo a concilio noi orsi, e tu potrai vedere quello che facciamo». Entrarono nella caverna, che diventava più grande man mano che vi si inoltravano, tanto che alla fine era vasta quanto una tenda comune dei Cherokee. Era piena di orsi, giovani e vecchi, bruni e neri, e un enorme orso bianco era il loro capo. Turbine sedette in un angolo, accanto all’orso nero che l’aveva condotto là, ma presto gli altri orsi fiutarono la sua presenza. «Cos’è questo cattivo odore d’uomo?» domandò uno; ma il capo de- gli orsi lo richiamò: «Non parlare così. È solo uno straniero venuto a trovarci. Lasciatelo stare». Gli orsi cominciarono a parlare fra loro, e Turbine si stupì di riuscire a capire quello che dicevano. Discutevano sulla scarsità di ogni sorta di cibo sulle montagne, e dovevano decidere che cosa fare. Avevano mandato esploratori in ogni direzione e due di essi erano già tornati per riferire su ciò che avevano trovato.
In una valle a sud, dissero, c’era una vasta distesa di castagni e querce, e il terreno sotto le piante era coperto di castagne e ghiande. Felice della notizia, un grosso orso nero di nome Cosce Lunghe annunciò che avrebbe dato inizio a una danza. Mentre danzavano, gli orsi notarono l’arco e le frecce di Turbine e Cosce Lunghe si fermò e disse: «Ecco che cosa usa l’uomo per ucciderci. Vediamo se possiamo usarli anche noi. Potremmo combatterlo con le sue stesse armi». Cosce Lunghe tolse l’arco e le frecce a Turbine; incoccò una freccia e tese la corda, ma quando la lasciò andare essa s’impigliò nei suoi unghioni e l’arco cadde a terra. Cosce Lunghe capì che non era in grado di usare l’arco e le frecce e li restituì a Turbine. Gli orsi nel frattempo avevano finito di danzare e stavano lasciando la caverna per recarsi ciascuno a casa propria. Turbine uscì con l’orso nero che lo aveva portato là e, dopo una lunga camminata, giunsero a una caverna più piccola sul fianco di una montagna. «Ecco dove abito» disse l’orso, e lo guidò all’interno. Turbine non vide nulla da mangiare, intorno, e si domandò come avrebbe potuto placare la fame.
Leggendo nei suoi pensieri, l’orso si sedette sulle zampe posteriori e fece un movimento con quelle anteriori. Quindi porse le palme aperte a Turbine, ed erano piene di castagne. Ripeté ancora questa magia e le palme si riempirono di mirtilli che diede a Turbine. Poi gli offrì delle more e infine un po’ di ghiande. «Non posso mangiare le ghiande» disse Turbine. «E poi, mi hai già dato da mangiare a sufficienza.» Per molte lune, estate e inverno, Turbine visse nella caverna con l’orso. Dopo un certo tempo, notò che sul corpo gli crescevano peli come quelli degli orsi. Imparò a mangiare ghiande e a comportarsi come un orso, ma camminava ancora eretto come gli uomini. Il primo giorno tiepido di primavera l’orso disse a Turbine d’aver sognato il villaggio Cherokee giù nella valle. E d’aver udito, nel sogno, i Cherokee parlare di una grossa spedizione di caccia sulle montagne. «Mia moglie mi aspetta ancora?» domandò Turbine. «Aspetta il tuo ritorno» rispose l’orso. «Ma tu sei diventato un uomo orso. Se torni fra gli uomini devi chiuderti per sette giorni, senza mangiare e senza bere, lontano dalla vista della tua gente. Alla fine dei sette giorni tornerai a essere un uomo.»
Alcuni giorni più tardi un gruppo di cacciatori Cherokee salì sulle montagne. L’orso nero e Turbine si nascosero nella caverna, ma i cani dei cacciatori fiutarono la tana e si misero ad abbaiare furiosamente. «Ho perso il mio potere contro le frecce» disse l’orso. «La tua gente mi ucciderà e mi toglierà la pelle, ma non potrà fare del male a te. Ti riporteranno a casa con loro. Ricorda quel che ti ho detto, se vuoi perdere la natura di orso e tornare a essere un uomo.»
I cacciatori Cherokee cominciarono a scagliare pigne accese all’interno della caverna. «Mi uccideranno, mi trascineranno fuori e mi taglieranno a pezzi» spiegò l’orso. «Quando lo avranno fatto, tu dovrai coprire il mio sangue con delle foglie. Se ti volterai indietro mentre ti portano via, potrai vedere qualcosa.»
Come l’orso aveva predetto, i cacciatori lo uccisero con le frecce, trascinarono il suo corpo fuori della caverna, lo scuoiarono e squartarono la sua carne per portarla al villaggio.
Temendo che essi potessero scambiarlo per un orso, Turbine rimase nella caverna, ma i cani continuarono ad abbaiare. Quando i cacciatori guardarono bene dentro la caverna, videro un uomo coperto di peli, e uno di essi riconobbe in lui Turbine. Pensando che fosse stato prigioniero dell’orso, gli domandarono se voleva tornare a casa con loro e liberarsi della natura d’orso. Turbine rispose che sarebbe andato con loro, ma spiegò che sarebbe dovuto restare solo in una casa per sette giorni senza cibo e senza bevande per poter tornare a essere un uomo. Mentre i cacciatori si caricavano in spalla i pezzi di carne, Turbine accumulò foglie nel punto in cui era stato ucciso e scuoiato l’orso, coprendo attentamente le gocce di sangue. E dopo aver camminato un po' scendendo la montagna, si volse e vide un orso sorgere dalle foglie, scuotersi ed entrare nella caverna.
Tornati al villaggio, i cacciatori condussero Turbine in un’abitazione vuota e, secondo i suoi desideri, sbarrarono la porta. Ma sebbene egli li avesse pregati di non parlare ad alcuno della sua natura e del suo pelame d’orso, uno dei cacciatori dovette raccontare di lui al villaggio, poiché il mattino dopo sua moglie già sapeva del suo ritorno. Essa si affrettò allora dai cacciatori e li supplicò di lasciarle vedere il marito da tanto tempo lontano. «Devi aspettare sette giorni» le dissero i cacciatori. «Fra sette giorni Turbine tornerà da lei così com’era quando lasciò il villaggio dodici lune orsono.»
Amaramente delusa, la donna se ne andò, ma ritornò ogni giorno dai cacciatori, scongiurandoli di lasciarle vedere il marito. Li implorò a tal punto che il quinto giorno essi la condussero all’abitazione, tolsero le sbarre alla porta e dissero a Turbine di uscire a farsi vedere dalla moglie. Sebbene fosse ancora coperto di peli e camminasse, sia pure sulle zampe posteriori, come un orso, sua moglie fu così contenta di rivederlo che insisté perché tornasse a casa con lei. Turbine la seguì, ma pochi giorni dopo morì e i Cherokee capirono che gli orsi l’avevano reclamato perché aveva ancora natura d’orso e non poteva vivere da uomo. Se lo avessero lasciato chiuso nell’abitazione fino allo scadere dei sette giorni senza cibo e senza acqua, Turbine sarebbe ridiventato un uomo come gli altri.
Questa è la ragione per cui in quel villaggio, nelle prime tiepide e nebbiose notti di primavera, si vedono sempre gli spiriti di due orsi, uno che cammina su quattro zampe, l’altro su due.
L’uomo orso (Cherokee)
Nessun commento:
Posta un commento