mercoledì, gennaio 19, 2011

MOHANDAS K. GANDHI "TEORIA E PRATICA DELLA NON-VIOLENZA"

RCS Quotidiani SpA Milano 2010

Questa seconda serie dei "libri che hanno cambiato il mondo", encomiabile iniziativa del Corriere della Sera, si apre con questo storico titolo.

Gandhi era un politico rivoluzionario. Il principio machiavellico "il fine giustifica i mezzi" viene completamente ribaltato: è il fine che giustifica i mezzi.

"La … convinzione che non vi sia un rapporto tra mezzi e fine è un grande errore … è come sostenere che si può ottenere una rosa piantando della gramigna." Poi aggiunge: "I mezzi possono essere paragonati al seme e il fine all'albero. Non è possibile che io raggiunga il fine ispiratomi dalla venerazione di Dio prostrandomi davanti a Satana." Non può non concludere: "Raccogliamo quello che seminiamo."

Perciò la nonviolenza gandhiana è il metodo che è usato per la lotta politica. Sono tre le strategie che Gandhi ha sostenuto: la non-collaborazione con istituzioni ingiuste; la costruzione di istituzioni alternative; la disobbedienza civile alle leggi inique.
Come conseguenza dell'attuazione delle predette strategie c'era l'accettazione di pene e di sofferenze.

"Il criminale viola la legge furtivamente e cerca di evitare la punizione ; del tutto differente è invece il comportamento di colui che pratica la resistenza civile." – affermava Gandhi – "Questo obbedisce sempre alle leggi dello stato cui appartiene, non per paura delle punizioni ma perché le considera utili al benessere della società."

Aggiunge il Mahatma: "Ma si verificano alcuni casi, generalmente rari, in cui egli considera alcune leggi ingiuste e l'obbedienza ad esse un disonore. Egli dunque apertamente e civilmente viola queste leggi e sopporta con pazienza la punizione che gli viene inflitta per tale violazione. E per manifestare la sua protesta contro l'azione dei legislatori egli può rifiutare la sua collaborazione allo stato, disobbedendo anche ad altre leggi la cui violazione non implica un comportamento immorale."

Il Mahatma ("grande anima") fu il maggior artefice dell'indipendenza indiana. Il metodo nonviolento non solo liberò l'India dall'imperialismo inglese ma permise anche un ottimo rapporto tra i due paese dopo l'indipendenza. Secondo alcuni questa è la prova più lampante della bontà del metodo di lotta nonviolenta in campo politico.

Lev Tolstoj è stato tra i suoi principali ispiratori, oltre a Thoreau. Verso il famoso scrittore russo Gandhi ebbe sempre riconoscenza tanto da intrattenere rapporti con i "tolstoiani" . All'indomani della uccisione di Gandhi la figlia di Tolstoi scrisse una bella lettera per chiedere la grazia per i suoi assassini, affinché ad un assassinio non seguisse un ulteriore atto di violenza.
Gandhi venne in Italia nel 1931 ed ebbe anche un incontro con Benito Mussolini.

In Italia, spesso si ricorda, che Aldo Capitini ha divulgato il pensiero gandhiano mentre Danilo Dolci ha attuato il digiuno come metodo di lotta politica.

Meno conosciuto è il fatto che il Partito Radicale non solo ha per simbolo l'effigie di Gandhi, ma nella sua denominazione, prima dei termini "trasnazionale e transpartito" vi è anche il termine "nonviolento" , una parola unica, senza trattino. Inoltre, nel preambolo al suo statuto, il PR pone come imperativo categorico kantiano il "non uccidere" neanche per legittima difesa.

Ricordo che il leader del Partito Radicale Nonviolento è Marco Pannella che ha sempre adottato il metodo della lotta nonviolenta (digiuni, disobbedienza civile, non collaborazione) ed ha sempre affermato che questo metodo è la conseguenza della convinzione secondo la quale i mezzi prefigurano i fini. (bl)

INDICE: Prefazione di Giorgio Montefoschi
– PARTE PRIMA: I principi della non-violenza
– PARTE SECONDA: La prassi della non-violenza 
A) Le tecniche della non-violenza 
B) Le lotte non-violente 
– Conclusione: la non-violenza nell'era atomica

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