venerdì, luglio 26, 2013

Piero Calamandrei "NON C'E' LIBERTA' SENZA LEGALITA' "




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PIERO CALAMANDREI "NON C'E' LIBERTA' SENZA LEGALITA'" Laterza Roma - Bari 2013

LIBERTA' E LEGALITA': IL REGIME DELL'ILLEGALITA'

Altro inedito di Piero Calamandrei scritto tra il 1943 e il 1945 dal quale si evince il sogno della nuova Italia che affascinava quella generazione di liberali.

Il magistero di Benedetto Croce era presente, tant'è che lo scritto di Calamandrei prende lo spunto proprio da un articolo ("Revisione filosofica dei concetti di 'libertà' e di 'giustizia'") del filosofo liberale pubblicato su La "Critica" n. 41 del 1943.

Scrive Benedetto Croce : "Poiché la libertà è l'essenza dell'uomo, e l'uomo la possiede nella sua qualità di uomo, non è da prendere letteralmente e materialmente l'espressione che bisogni all'uomo 'dare libertà', che è ciò che non gli si può dare perché già l'ha in sé. Tanto poco gli si può dare che non si può neanche toglierla" Di qui l'impossibilità della diade "Giustizia e libertà" perché il primo concetto non può accompagnarsi al secondo in quanto la libertà "tutto quanto è da fare moralmente, fa e deve fare da sé, traendolo da sé stessa e non trovando mai fuori di sé altra forza."

Però è lo stesso Croce che conclude il suo articolo affermando che altro è "il campo che spetta all'uomo d'azione, che è veramente tale se è tutt'insieme cauto ed ardito, conservatore e rivoluzionario"

Calamandrei era un uomo d'azione, un giurista, un avvocato e un politico . Non si possono distinguere questi tre ruoli in Calamandrei: aveva scritto un elogio dei giudici da parte di un avvocato. Non mi sembra che ci sia stato un magistrato che abbia scritto un testo di elogio nei confronti degli avvocati! Questo prova la capacità di Calamandrei di essere al contempo giurista, avvocato e politico, e prova la difficoltà di saper amalgamare questi tre ruoli. Quello che ha aiutato Calamandrei è il fatto di essere un liberale. E da politico Calamandrei era conservatore e rivoluzionario allo stesso tempo, come indicava Benedetto Croce.

"La funzione del partito liberale […]- scrive Calamandrei - si è svolta nella precisazione di una serie di garanzie giuridiche, cioè interindividuali, alle quali deve essere affidata nella vita dello Stato la tutela della libertà individuale: i cosiddetti diritti di libertà, le cosiddette istituzioni liberali, che sono tutte quante determinazione di quello che i consociati possono fare entro la propria sfera giuridica e, reciprocamente, di quello che non possono fare per non invadere la sfera giuridica altrui." Aggiunge: " Colla legalità non vi è ancora libertà; ma senza legalità libertà non può esserci […] La legalità è condizione di libertà, perché solo la legalità assicura, nel modo meno imperfetto possibile, quella certezza del diritto senza la quale praticamente non può sussistere libertà politica. Certezza del diritto, cioè certezza dei limiti entro i quali si estende la libertà di ciascuno e al di là dei quali comincia la libertà dell'altro."

In un momento storico in cui si fa un grande riferimento all'etica e si chiede ai giudici di emettere sentenze moralmente giuste Calamandrei insegna che "[La] trasformazione della morale in diritto positivo la fa il legislatore, non il giudice: al quale non è dato tener conto di altra giustizia che non sia quella giuridica.

Benissimo in questo senso il Beccaria osserva 'la clemenza è la virtù del legislatore, e non dell'esecutore delle leggi'"

Il fascismo è stato il prototipo del regime dell'illegalità perché era tutt'altro che dedito alla tutela della legalità. Scrive Piero Calamandrei: "Perché un regime si possa dire liberale non basta che esso sia ordinato secondo il principio di legalità, ma occorre qualcosa di più: occorre che la libertà individuale sia assicurata anche contro le leggi ed anche nel periodo di formazione delle leggi" Aggiunge per evitare fraintesi :" Il liberalismo implica […] qualcosa in più della legalità: è una legalità che può modificare tutte le leggi meno quelle poste a priori come condizione necessarie per il rispetto della libertà. La libertà di culto, di stampa, di pensiero, di riunione ecc., la uguaglianza dei cittadini nonostante ogni diversità di razza o di religione, sono considerate come estrinsecazioni insopprimibili della personalità umana, che non si potrebbero menomare senza per questo sopprimere la libertà. Le leggi possono fare tutto meno che sopprimere questi diritti intangibili: il liberalismo si può dunque considerare un regime di legalità entro le barriere dei diritti di libertà."

Come conseguenza di questo discorso è che i diritti di libertà "mirano a garantire a ogni uomo la libera partecipazione alla lotta politica e quindi alla formazione del diritto"

E' necessario per il regime liberale la partecipazione dei cittadini alla legislazione "perché le leggi, le quali non sono che schemi di persuasione, possano godere di quell'autorità che invita i cittadini a farle proprie, occorre che essi le sentano come cosa propria, come espressione della loro stessa coscienza e volontà: il che non si ottiene senza libertà."

Il regime fascista avendo impedito la partecipazione dei cittadini alla legislazione ha reso gli italiani diffidenti nei confronti delle leggi e li ha educati ad "arrangiarsi". Scrive Calamandrei: "Le leggi create attraverso un meccanismo legislativo da cui siano esclusi gruppi più o meno ampi di cittadini si obbediscono per timore, come quelle di un invasore straniero, ma intimamente si disprezzano e si odiano, e se si possono frodare ci si ingegna." Infatti "Le leggi vivono in quanto hanno dietro di sé, ad alimentarle perennemente, il consenso: ove questo manchi, esse si afflosciano e cadono come vuota buccia senza interno sostegno."

Confrontando il sogno di Calamandrei e la realtà italiana di questo inizio del XXI secolo possiamo davvero dire che è definitivamente cessato il regime dell'illegalità costruito dal fascismo? (bl)

Indice: Libertà e legalità – Il regime dell'illegalità – Nota editoriale di Silvia Calamandrei
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